24/03/2025 - La Cultura Marinaresca
Articolo di Andrea Cavalieri pubblicato sul numero di luglio-agosto 2024 della rivista "Lega Navale"
Tra i martiri si contano anche 5 uomini che hanno portato, nel fondo della fossa, l’azzurro infinito del mare e del cielo che avevano negli occhi.
Il 10 novembre 1943 tre sottotenenti di vascello – Agostino Napoleone (25 anni), Augusto Zironi (23) e Fiorenzo Semini (23) – sono a Genova seduti intorno a un tavolo, progettano un viaggio verso sud; vogliono passare le linee e unirsi alla Marina italiana del Re. Seduto con loro c’è un quarto uomo, che considerano fratello, ma che invece è l’infame che li tradirà. Il nome suo – quantunque noto – merita di sprofondare nel buio dell’oblio: non vale nemmeno il nostro disprezzo. Le strade che hanno seguito per arrivare a sedersi a quel tavolo sono tutte diverse e tutte simili.
Fiorenzo Semini era nato a Corneliano d’Alba (Cuneo) il 24 aprile 1920, ma era cresciuto a Genova, dove il padre Antonio, macchinista di transatlantici, aveva trasferito la famiglia, in via Giordano Bruno 34. Fiorenzo segue invece la strada della Regia Marina e con la guerra ne scala velocemente i gradi. Viene comandato in Libia, Egitto, Tunisia e Sicilia come comandante di motosilurante MS 16 e decorato con tre croci di guerra al valor militare.
L’8 settembre è il meteorite caduto dal cielo che sconvolge le vite di ciascun militare imponendo una scelta doppiamente innaturale; in primis perché «scegliere» è l’opposto di ciò che è sempre stato insegnato a un militare, ossia «obbedire senza pensare»; in secundis perché è una scelta individuale, laddove invece i militari si muovono sempre in gruppi più o meno numerosi. La sorte, sia la buona che la ria, è condivisa con i commilitoni, mai individuale.
Il giorno fatidico sorprende Semini ai cantieri Costaguta di Voltri (Genova) dove il suo MAS è in riparazione. La sua scelta fu quella di sabotare il proprio motoscafo (quanto di meno naturale per un comandante) per impedire che cada in mano tedesca e di fuggire verso Genova, insieme a Napoleone, per sottrarre se stesso all’internamento.
Agostino Napoleone era nativo di Cagliari (14.09.1918) infanzia a Carloforte, sull’isola di San Pietro. Alla morte del padre, nel ’31, deve tornare a Cagliari per diplomarsi al Regio Istituto Nautico. È allievo ufficiale sul traghetto di linea della Tirrenia Genova-Livorno-Sicilia-Tunisi-Tripoli. Nel ’39 viene destinato alla Regia Accademia Navale di Livorno, dove frequenta il 35° corso allievi ufficiali di complemento, sezione Vascello, al termine del quale è imbarcato per oltre due anni sulla torpediniera Polluce, in difesa dei convogli dagli attacchi aerei e sottomarini. Il 04.09.1942 il Polluce viene affondato da un aereo nemico, e il 12 ottobre Napoleone è destinato alla 4a Flottiglia MAS alla Maddalena.
L’8 settembre coglie anche lui presso i cantieri Costaguta di Voltri, dove il MAS 504 al suo comando è in riparazione e dove partecipa a uno scontro con i tedeschi che gli frutta la terza croce di guerra al valor militare. Insieme a Semini si reca a Genova per sfuggire ai tedeschi.
Augusto Zironi nacque a Genova il 20 giugno 1920. Nel ’40 si diploma al Regio Istituto Nautico San Giorgio. Ad ottobre è comandato alla Spezia e, dopo aver frequentato il corso allievi ufficiali della Regia Marina, nell’ottobre 1941 è promosso guardiamarina di complemento. Il 10 dicembre 1941 è destinato al comando del Dipartimento marittimo dell’Alto Tirreno alla Spezia. Tra il maggio 1941 e il luglio 1943 è imbarcato sulla cannoniera Aurora, sulla torpediniera Orione e sul cacciatorpediniere Antonio Mosto e la torpediniera Montanari. Decorato con la medaglia di bronzo al valor militare. Il 15 luglio 1943 viene nominato sottotenente di vascello e destinato alla flottiglia motozattere.
L’8 settembre sceglie anche lui di recarsi a Genova per sfuggire ai tedeschi e qui entra in contatto con Semini e Napoleone. Il 10 novembre i tre (più l’infame) lasciano Genova per tentare di raggiungere il regno del Sud, ma il progetto fallisce ed il 16 si devono fermare a Roma, dove prendono contatto con i marinai confluiti nel FMCR, tramite il capitano di corvetta Ugo de Grenet, che fornisce loro documenti falsi e denaro per vivere. I tre alloggiano in viale Liegi 7, ospiti della vedova Albina Adducci e qui vengono arrestati dalle SS alle 23:30 del 15 marzo 1944 traditi dall’infame che viveva insieme a loro. Vengono condotti a via Tasso e qui torturati dalla Gestapo per avere altri nomi. Il 23 Kappler li inserisce nella lista dei destinati alla morte, che affronteranno insieme alle Ardeatine il giorno successivo.
Ilario Zambelli, telegrafista, di 34 anni. Nato a Rio nell’Elba (Livorno) il 9 luglio 1909 cresce nel rione Forte Stella a Portoferraio, sull’isola d’Elba. Conseguita la licenza tecnica, studia telegrafia e trova lavoro presso l’Ufficio telegrafico prima di Portoferraio e poi di Livorno. Dal 1929 è pressoché́ costantemente sotto le armi. Inizia il servizio di leva in Marina alla Spezia come semaforista, poi alla Maddalena e a Cagliari. Nel ’38 è richiamato per la guerra in Etiopia, nella categoria segnalatori, e nel novembre ’40 trasferito a Roma presso il Ministero della Marina come sottufficiale telegrafista. Dopo l’armistizio entra nella Resistenza con compiti di informazione e di collegamento in una formazione partigiana legata al FMCR. Il 12.03.1944 è arrestato dalle SS perché un milite della X Mas, vicino di casa, lo riconosce mentre distribuisce volantini a San Pietro all’omelia del Papa. Viene rinchiuso a via Tasso e torturato, prima di essere trasferito nel III braccio di Regina Coeli, e da lì prelevato per essere condotto alle Ardeatine. Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Francesco Ciavarella era un marinaio di ventisette anni. Nato a Pistoia il 7 gennaio 1917, viveva a Roma in via Fiori 4 insieme a moglie e figlio. Entrato nella Marina Mercantile, allo scoppio della guerra viene inviato a Rodi come radiotelegrafista. Nell’agosto 1943 entrò a far parte del M.C.d’I. (Bandiera Rossa). L’8 settembre partecipa ai combattimenti di Porta San Paolo, al comando di Aladino Govoni. Due giorni dopo il suo gruppo di partigiani attacca una caserma e si impossessa di molte armi e munizioni; ma un delatore fornisce i loro nomi, pertanto debbono lasciare Roma. Dietro le linee nemiche Ciavarella fonda e guida la «banda Abruzzi» con fini di guerriglia, sabotaggio ed assistenza per chi deve passare le linee. Compie audaci missioni clandestine anche a Milano e a Roma, per consegnare documenti e riferire ai superiori, e nella Capitale è arrestato, per delazione, il 21 febbraio 1944, poco prima di tornare in Abruzzo. Essendo nota alla Gestapo la grande quantità di nomi a sua conoscenza per il suo ruolo apicale, viene ferocemente torturato a via Tasso. Ciavarella non parla e con il suo silenzio salva tutti i compagni di fede. Il 24 marzo è ucciso alle Ardeatine. La madre, riconosciuto il corpo, subisce uno shock dal quale non si riprenderà mai più.